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 Il fruttivendolo conosce il valore del suo lavoro – Intervista a Fabio Cinti su Shiver (Marzo 2011)

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MessaggioTitolo: Il fruttivendolo conosce il valore del suo lavoro – Intervista a Fabio Cinti su Shiver (Marzo 2011)   Il fruttivendolo conosce il valore del suo lavoro – Intervista a Fabio Cinti su Shiver (Marzo 2011) EmptyVen Ott 14, 2011 7:56 pm

In una camera di un appartamento milanese, un musicista con la sua chitarra, decide di raccontarmi il suo mondo interiore. Nasce così un’intervista molto toccante ed illuminante. Ringrazio Fabio Cinti per la colonna sonora appositamente preparata per l’intervista. Ma più di tutto, lo ringrazio per aver condiviso con me il suo mondo, i suoi pensieri e le sue esperienze.
Ho iniziato ad amare il suo disco dal primo ascolto, ora inizio a conoscere ed apprezzare realmente, l’Uomo che lo ha scritto.


Come nasce artisticamente Fabio Cinti?
Ho iniziato a scrivere canzoni fin da quando ero giovanissimo e non ho mai pensato che potessero essere raccolte in un disco fino a quando, con un gruppo di amici musicisti, invece di suonare solo cover, abbiamo provato a proporle dal vivo ed anche se il risultato spesso non era positivo ho iniziato a vedere dei risultati interessanti.
Quando mi sono trasferito a Roma, ho continuato a studiare e suonare la chitarra e nel frattempo ho conosciuto nuovi musicisti con i quali abbiamo suonato al “Locale”, ora ormai chiuso (diventato famoso perchè lì, hanno iniziato a suonare artisti come Max Gazzè, Niccolò Fabi, Daniele Silvestri ecc.). Alla fine di un concerto, ricordo che si avvicinò un signore di poco più di 40 anni il quale, nonostante mi disse senza alcun giro di parole, di non aver in alcun modo apprezzato le mie canzoni, sostenne di esserne incuriosito. Ovviamente ci rimasi male e cercai di ribattere sostenendo che in realtà, alle altre persone erano piaciute e solo lui era di quell’avvisto.
Lui rimase sulla sua posizione, mi chiese l’indirizzo della mia posta elettronica: mi avrebbe inviato dei testi che avrei potuto cantare. Questo Signore, si chiamava Mauro Mazzetti: come promesso qualche giorno dopo mi mandò una mail con 7 testi meravigliosi con il titolo generale (come se fosse già un disco) “Musica da ballo”. Quasi per sfida, provai a musicarli apportando ovviamente alcune modifiche. Da quel momento capii che qualcosa stava iniziando a cambiare, ottenevo maggiori consensi nei miei concerti e cominciavo a vincere qualche festival locale.

Com’è nato l’incontro con Morgan?
Iniziai a partecipare alla trasmissione “La fabbrica della musica” su Rai Sat, una collaborazione durata circa 3 mesi, durante la quale venni notato da Valerio Soave che mi propose di aprire il concerto di Morgan ad Olbia.
Alla fine del concerto, ricordo che Morgan venne a dirmi “Non ti hanno lanciato bibite o pomodori, quindi credo che sia andata bene. Ho sentito qualcosa di interessante, andiamo a cena insieme e ne parliamo”.
Ricordo che in quella cena, parlammo di tutt’altro, ma entrammo subito in sintonia e ben presto saremmo diventati amici.

Subito dopo l’incontro ti sei traferito a Milano?
No, rimasi a vivere ancora a Roma, facendo ogni tipo di lavoro, per poter vivere e nel frattempo continuare a fare i miei concerti. La cosa divertente che ricordo, era quella che venivo assunto da qualche call center, poi dopo 2 settimane, chiedevo delle ferie per poter andare a suonare con il risultato che venivo subito licenziato. A causa di questo, cambiai molto spesso il lavoro fino a quando riuscii a trovare un’occupazione presso uno studio grafico che fin da subito comprese la situazione.
Nel frattempo, il rapporto con Morgan continuava fino a quando nel 2005 provammo a presentare la canzone “Amore elettrico” alla selezioni di Sanremo giovani e nel giorno suo compleanno, ci chiamarono per dirci che la canzone era piaciuta. Quello stesso anno cui ci provò anche Lele Battista con “Il nido”.
Era l’anno in cui i “giovani” dovevano essere accompagnati da un “big” e per questo Morgan mi chiamò dicendomi che non avrebbe potuto farlo perchè, oltre al non avere pezzi pronti da presentare a Sanremo, avrebbe dovuto scegliere tra lui e Lele.
Per questo ci consigliò di lasciar perdere l’esperienza di Sanremo, promettendomi che avremmo vissuto insieme altre cose ben più interessanti. Cosa che infatti, in seguito, avvenne.
In quel periodo decidemmo di fare finalmente il disco: lui veniva a Roma un paio di giorni e preparavamo dei pezzi mentre nel frattempo io gliene mandavo altri via mail. Inoltre ho vissuto 10 giorni a Milano per registrare “Eccessi”. Avevo trovato Danilo Lo Santo che si era proposto di produrre il disco, ma su consiglio di Morgan andai a registrare i pezzi presso lo studio di Livio Magnini (Bluvertigo e Rezophonic, nda), in modo poi da essere presentati direttamente.
Intanto la nostra collaborazione continuava nonostante i molti concerti di Morgan: ricordo le notti passate negli alberghi, in giro per l’Italia a lavorare con il suo portatile. Fino a quando Morgan mi propose di venire a vivere definitivamente a Milano come suo assistente, per poter collaborare con lui ad ogni sua attività e per poter lavorare su entrambi i nostri dischi.
Nonostante le mie titubanze, visto che a Roma avevo praticamente tutto ciò che mi serviva per poter vivere, mi licenziai dallo studio grafico e mi trasferii. Dal momento che non avevo i soldi per potermi permettere un alloggio Morgan mi propose di andare a vivere da lui. In quei tempi avevo il doppio ruolo di suo assistente e quindi mi ritrovavo ad occuparmi anche di ufficio stampa nel pieno periodo di X-Factor ed aiutarlo durante i concerti. Oltre a questo, io ero anche l’artista che lui presentava sul palco e per questo assumevo sempre di più questo doppio ruolo, che ogni tanto, mi portava ad alternare momenti di depressione ad altri di gioia perchè non riuscivo a capire quando “finiva il lavoro ed iniziava la gloria”.
Ci tengo a precisare che dopo 5 mesi ho trovato casa a Milano anche se spesso mi trovavo da lui per registrare i pezzi nel suo studio che si trova sotto casa, quindi le accuse di Asia Argento sulla nostra presunta e continuativa convivenza erano del tutto infondate. Ricordo che per un suo volere, in circa un anno e mezzo, nelle nostre esibizioni dal vivo, solo in 3 occasioni facemmo dei nostri pezzi mentre in tutte le altre, eseguimmo solo cover.

Cosa ha visto in te Morgan che magari non ha visto in altri artisti? Sia dal punto di vista personale che professionale?
Per quello che mi riguarda io e Morgan siamo per molti aspetti simili per quello che Freud, chiamava “Il motto di spirito”, ovvero un modo di scherzare ed approcciarsi alla logica grammaticale delle parole, alle esperienza di vita molto simili. Già dalla prima volta che ci siamo conosciuti, ci siamo subito presi, nonostante il suo bagaglio culturale fosse molto superiore al mio. Ovviamente abbiamo gli stessi gusti musicali e letterali, oltre ad un’affinità elettiva di amicizia sana e di assoluto rispetto.
Dal punto di vista musicale, ricordo che spesso mi diceva che io ero molto “strano”. Non approvava alcune mie scelte, perchè mentre lui è un maestro nell’armonia, io forse a causa della non esperienza, nella scelta degli accordi andavo “a orecchio”.
Quindi, dal mio punto di vista, era incuriosito da questo modo assolutamente libero di approcciarsi alle canzoni. Per quanto riguarda i testi, lui ha sempre sostenuto che un autore per poter scrivere determinate cose deve aver necessariamente letto determinate letture.
Questo perchè un disco deve essere pieno di contenuti e non di “chiacchere”. Credo che le nostre affinità abbiano giocato un ruolo importante nella sua scelta di aiutarmi, perchè lui considera un buon artista anche una buona persona.
Una persona che possa raggiungere anche un livello di attenzione al mondo particolare. Insomma un insieme di cose.

Principalmente cosa ti ha donato questa lunga collaborazione?
Dal punto di vista artistico sono tante ma se dovessi fare una graduatoria, lui mi ha “svezzato” sul palcoscenico sotto ogni punto di vista: passare dal suonare da solo nei locali di Roma o Milano al duettare su un grande palcoscenico con lui non è stato semplice. Mi ha insegnato a dialogare con il pubblico, i tempi dello spettacolo, come scegliere le scalette e migliorare il mio impatto dal vivo. Inoltre a livello compositivo mi ha fatto molte lezioni di armonia, facendomi ascoltare molta musica classica ed una cosa molto importante “l’applicazione”.
Lui è davvero molto preparato ed una cosa che dovrebbe fare, invece di fare televisione, sarebbe quella di insegnare musica anche all’università, ha un metodo davvero interessante di approcciarsi.

Tra l’altro ricordo che hai partecipato anche alle selezioni di X-Factor…
Quando a Morgan proposero di fare X-Factor stavamo registrando “Eccessi”, lui mi chiamò e mi invitò a fare le selezioni ovviamente specificando che non mi avrebbe agevolato in alcun modo. Mi presentai con “Cuccurucucu Paloma” di Caetano Veloso (finita poi sul disco, nda), “Arrivederci” di Umberto Bindi ed “Extraterreste” di Finardi. Ricordo che La Maionchi non apprezzò il mio modo “lento” di cantare (poi con il tempo mi disse che in quel momento non aveva ben compreso il mio modo di cantare, proprio perchè stavano cercando altri tipi di cantanti) mentre la Ventura rimase piacevolmente impressionata e per questo venni preso. Alle selezioni finali, lei stessa decise di scartarmi, credo che dietro ci sia anche stato un piccolo litigio tra lei e Morgan. Và detto che essendo all’inizio, nessuno sapeva che tipo di programma sarebbe stato. Si sapeva che c’era Morgan e quindi c’erano tutte le carte in regola per essere una cosa interessante.
Tra l’altro girava voce che gli artisti in gara potessero proporre dei pezzi inediti, proprio come l’edizione inglese, ma alla fine non fu così. Proprio per questo, con il senno di poi, posso dirti che andò meglio essere esclusi.
Nel secondo anno, mentre già iniziavo a lavorare per Marco, mi proposero di fare un altro provino (cosa che fecero anche con Damiano, un tecnico che lavorava in Rai), ma non accettai.

Come nasce il titolo dell’album?
Finalmente racconto a qualcuno questa storia. Io, come Morgan appunto, sono uno di quelli che quando iniziano a scrivere dei pezzi, iniziavo ad abbozzare dei titoli per l’album. Infatti ho un quaderno pieno di titoli che avrei potuto usare, tra i quali “Per sommi capi” o “Le nuove logiche” (nome che poi avrebbe preso la mia band). Fino a quando un giorno, mentre mi trovavo a Roma, Mauro Mazzetti mi portò a casa di alcuni suoi amici, tra i quali c’era Serafino Iorli, un tale che fa spettacoli di cabaret in cui si traveste da donna, in pieno stile “Priscilla la regina del deserto”. Iniziò a raccontarmi una serie di storie davvero molto divertenti, ad un certo punto mi racconta che qualche giorno prima, aveva dovuto chiamare l’idraulico. Questo aveva iniziato a fargli un prospetto del lavoro ed alla richiesta del preventivo, lui aveva risposto che lo avrebbe saputo solo a lavoro ultimato. Al termine del lavoro, l’idraulico aveva presentato il conto e a quel punto Serafino Iorli gli aveva fatto “l’esempio delle mele”: ovvero, quando io vado dal fruttivendolo per comprare delle mele, le metto in una busta e poi mi fanno un prezzo, lì il prezzo c’è da subito.
La cosa mi è sembrata talmente assurda e contorta e mi ha talmente divertito il modo in cui l’ha raccontata, che io e Mazzetti abbiamo passato un’intera settimana a parlarne. Nel frattempo mi era passato tra le mani il libro di Ionesco, La cantatrice calva, di cui ho visto anche uno spettacolo in cui lei in effetti, non viene mai citata. La commedia parla di tutt’altro.
Riflettendo nel tempo su questo esempio delle mele, mi era sembrata la cosa più interessante perchè erano ormai 15 anni che scrivevo canzoni tutte diverse tra loro. Quindi quale titolo migliore per mettere insieme canzoni che non hanno nulla in comune? Poi, le mille riflessioni sul fatto che nella storia gli esempi delle mele sono tanti, da Platone ad Amleto e molti altri. Per questo è anche una sorta di metafora, per cui una persona improvvisamente si accorge di avere un “tesoro”, che ha prodotto, in una sorta di risveglio. Il tutto, in ogni caso, parte da un esempio assurdo: l’esempio delle mele non calza con niente e proprio per questo, calza con tutto.

Escludendo per un attimo il Maestro Franco Battiato, quali sono le tue principali ispirazioni muscali?
Molti ascoltando “Bow House” e “Trisha Mary” pensano subito ai Beatles, in realtà in quel caso il disco di riferimento è stato “Apple Venus” degli XTC, perchè per me quel disco è stato emblematico, poi i Radiohead del periodo Hail to the Thief, Kraftwerk, e i Pink Floyd. Inoltre un riferimento che nessuno coglie, arriva proprio dalla produzione di Lucio Battisti con Pasquale Panella, dischi molto “avanti” con i tempi.
Sono dischi che hanno un approccio alla canzone e alle melodie che sono assolutamente nuove. Possono piacere o non piacere ma rappresentano la vera sperimentazione che in Italia non esiste più, con dei testi molto belli.
Per il pezzo “Il punto di vista” ho preso diversi spunti dall’album Mamouna di Bryan Ferry che ho ascoltato tantissimo.
Dai Genesis, anche se in una forma molto minore, ho preso la formula dei tempi “dispari soprattutto nella canzone “Vuoto mimato”.
Per quanto riguarda le influenze letterarie, invece?
I riferimenti lettarali sono diversi: Thomas Mann e Saramago in primis. Ad esempio la canzone “Questo mondo fa rumore” che molti collegano a “Il vuoto” di Battiato, in realtà prende spunto dall’ironia pungente tipica di Saramago. Un altro riferimento, soprattutto nel pezzo “La distrazione”, è Cioran, il pessimista per eccellenza.
Mazzetti invece come riferimenti ha autori Burroughs ed infatti quando arrivava il momento di scambiarci i testi ed io mi trovavo a elaborarlo, il risultato finale era diverso della sua genesi, proprio per i differenti stili e riferimenti.

Secondo te, che tipo di persone potrebbero apprezzare pienamente il tuo percorso musicale?
Ho notato che la maggior parte dei fan che sto iniziando ad avere sono persone “strane”. Per strane intendo che hanno un spiccato senso della sensibilità, quasi cinematografica. Come se avessero una specie di amplificatore di quel tipo di sensibilità tipica del Romanticismo. Inoltre persone che hanno voglia di ascoltarlo più volte perchè mi sono reso conto con l’esperienza, facendo ascoltare i pezzi ad amici e parenti, che le mie canzoni al primo ascolto non sempre le capisci.
Ultimamente sto ricevendo molte mail o incontro persone che mi dicono che all’inizio non gli piacevo ma che ora non possono fare a meno di ascoltarmi.

Nell’album si trovano diverse importanti collaborazioni, tra le quali Pasquale Panella, come sono nate?
Mauro Mazzetti mandò qualche mio pezzo a Pasquale Panella il quale accettò la collaborazioni. Mi ricordo che quando gli mandai il pezzo “Il punto di vista”, lui rispose alla mail con il pezzo allegato e con un altro testo come a voler dire che la collaborazione avrebbe potuto proseguire. Massimo Martellotti dei Calibro (35, ndr): eravamo in classe al Liceo ed abbiamo vissuto insieme ai tempi dell’università. Massimo Spinosa che è stato un cardine fondamentale (colui che ha curato l’editing di “Anime salve” di De Andrè e suonato il basso in Creuza de ma, tra le tante cose) era stato chiamato da Morgan per risolvere alcuni problemi con la sua produzione. Mi chiese gentilmente un passaggio a casa e nel mentre gli feci ascoltare “Il punto di vista” e rimase piacevolmente colpito.
Passò del tempo e quando mi allontanai da Morgan, premettendo che tutto il lavoro che ho fatto con lui, l’ho lasciato (quindi a casa di Morgan c’è un altro ipotetico disco), io mi sono ritrovato con i demo che avevo registrato a suo tempo, negli studi di Livio Magnini: lì mi ricordai di Spinosa. Per arrivare a lui, chiamai Mauro Pagani, il quale mi disse che lui lavora solo alle cose che gli piaevano. Ultimamente, infatti, gli erano arrivare delle proposte di lavoro molto remunerative e lui aveva rifiutato proprio perché non gli erano piaciute. Timoroso, lo chiamai, gli proposi la collaborazione e lui accettò. Gli feci ascoltare i pezzi ed abbiamo iniziato a lavorare dalla metà di settembre e terminato poco prima di Natale. Sono stati 3 mesi eccezionali e sono sicuro che se dovessi rimettermi a fare un disco, sicuramente chiamerei lui.
Lucio Bardi, invece è lo storico chitarrista di De Gregori. Mentre ero in studio con Spinosa, ascoltando “Trisha Mary” lui stesso propose di suonare nella canzone. In nemmeno 2 ore, la sua parte venne registrata, davvero un grande musicista.

Hai mai avuto modo di incontrare Battiato? Cosa ne pensa del fatto che molti paragonano la tua voce alla sua?
Ho conosciuto Battiato, ovviamente tramite Morgan. Prima di quel momento, spesso mi capitava di lasciargli il mio materialedopo i suoi concerti. Lui mi incoraggiava ad andare avanti perchè trovava il mio lavoro sempre interessante (imita la sua voce, nda). Gli ho mandato il mio disco che ha apprezzato, sostiene di trovare delle capacità non ancora ben enucleate, ed infatti è convinto che il mio secondo disco sarà ancora migliore.
Sul fatto che mi paragonano a lui, sostiene che è una cosa abbastanza comune. Sostiene che quando in Italia c’è qualche artista che “esce dal seminato”, l’unico artista vivo, a cui possono paragonarlo, è proprio lui. Sulla questione legata al timbro della voce, mi ha sempre detto che non gli pare (sempre imitando la sua voce), ma è un pensiero molto paterno ed infatti l’ho sempre apprezzato. Ha anche aggiunto che ci sono persone che hanno lo stesso colore dei capelli o degli occhi e ci sono persone che hanno lo stesso timbro vocale.
(A questo punto Fabio prende la chitarra e suona il ritornello di “Confortably numb” dei Pink Floyd, con la sua voce e poi, imitando Battiato, per farmi comprendere la differenza nei timbri vocali.)
Questo per dire che ha ragione lui quando sostiene che non è la voce ma è quello che canto ad essere simile lui e non il timbro.
Mia madre racconta che, all’età di 5 anni, quando mi portava in una pasticceria del paese dove davanti c’era un cartello con scritto “divieto di sosta permanente” ed io tutte le volte cantavo il ritornello di “Centro di gravità permanente” senza capire il senso del testo: lo facevo perchè l’ascoltavo in macchina da lei. Poi continuo a dire, quanta gente canta come Bob Marley, ad esempio? In Italia ci sono 2 cantanti molto simili a Sting, io canto come Battiato.

Con il tempo, com’è mutato il tuo rapporto con i live?
Morgan ha cercato di darmi una direzione molto bella, devo dire, che forse però non si adattava molto alle mie corde sia dell’anima che vocali. Ha sempre sostenuto che ho un’estensione vocale molto più ampia che io dovrei sfruttare. Io preferisco invece il modo di cantare alla Fossati, Battiato, Gino Paoli, molto intimo.
L’altro giorno mi hanno chiesto che tipo di rapporto ho con i live: ho risposto che tante volte con gli anni, ho preferito non fare concerti perchè mi si chiedeva di suonare in posti in cui dovevo urlare alla persona che si trovava davanti. E la cosa mi metteva molto a disagio. (Riprende la chitarra per farmi capire la differenza nel cantare “Shine on your crazy diamonds”, ad esempio, “urlando” o con voce più soffice). Quindi la differenza starà proprio nelle dinamiche e anche nella scelte delle cover che ora scelgo di fare.

Quindi saranno Live prettamente acustici?
No saranno elettrici, con chitarre distorte. Io amo molto gruppi come Sigur Ros o XTC perchè nonostante il grosso impatto sono molto melodici. Io penso che se hai una chitarra distorta, che senso ha il gridarci sopra?

Recentemente hai scritto su Facebook una descrizione toccante sulla fine del tuo rapporto con Morgan. Perchè hai deciso di esporti in questo modo?
Tante volte su Facebook mi sono azzardato a scrivere delle cose che potessero dar adito a cattive interpretazioni. Più volte ho avuto la percezione di essere visto in maniera sbagliata e questo sicuramente non direttamente per colpa di Morgan. Invece di essere considerato quello che ero e sono, ovvero un musicista, venivo etichettato come il servo o lo zerbino di Morgan.
Ho avuto l’esigenza di scrivere quelle cose perchè mi sentivo colpito, imbarazzato e triste dal pensiero sbagliato di alcune persone. Non ho mai scritto nulla di privato di Morgan ma ho semplicemente fatto notare alcuni suoi comportamenti pubblici.
Ora io non voglio apparire come un martire, anzi mi ritengo molto fortunato ad aver lavorato con lui. Infatti ho concluso quella nota su Facebook dicendo che “il privilegio ha l’ombra di una croce”. Il privilegio di suonare con lui si scontrava con il sopportare certe incomprensioni del pubblico di Morgan.

Alla fine, lo ha ascoltato il tuo disco?
Lui il disco lo ha ascoltato il giorno prima che io facessi il mastering, ha avuto una reazione positiva e questo mi ha fatto davvero molto piacere.

Cosa ne pensi riguardo la chiusura di alcuni importanti locali milanesi e la decisione di scendere in piazza in difesa della libertà di fare cultura?
Parto dal presupposto che non ho mai partecipato a nessuna manifestazione, nemmeno a quelle che mi hanno riguardato in prima persona. Trovo molto più potente scrivere pezzi come “Povera patria” o “Born in the Usa”, ovvero riuscire a fare qualcosa di artistico, artigianale, di alto, ambire ad essere Dario Fò, avere l’ambizione di scavalcare certe barriere assurde che ci vengono imposte. In questo caso ho deciso di partecipare perchè per la prima volta ho visto una partecipazione forte sia da parte dei musicisti che dalle persone. In un periodo come questo, noi artisti non siamo proprio come questo. Perchè è solo dalle idee che nascono le cose belle. La voce di un’artista è quella che dà la forza alla società di andare avanti.

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