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 Fabio Cinti e "Il minuto secondo" su Rolling Stone

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MessaggioTitolo: Fabio Cinti e "Il minuto secondo" su Rolling Stone   Fabio Cinti e "Il minuto secondo" su Rolling Stone EmptyGio Mag 17, 2012 10:51 am

L'anno scorso un album dal titolo L'esempio delle mele, ora il nuovo Il minuto secondo: Fabio Cinti è cantautore e polistrumentista ma la sua particolarità non è (solo) la prolificità, né il fatto che il nuovo album sia diviso in due metà (in Vigilia sono sette inediti, in Memorabilia sette rivisitazioni di pezzi famosi). Piuttosto, il nuovo progetto spicca perché a volerlo fortemente non è stata una casa discografica ma tre fan del musicista metà ciociaro e metà sardo, che conoscevano la musica di Cinti avendolo seguito in concerto. Ma diversamente da altri ascoltatori, Silvia Veraldi, Pierluigi Prandini e Maria B. hanno voluto mettere mano al portafoglio e finanziare il disco che ora esiste, uscito l'11 maggio e disponibile su iTunes a questo indirizzo. Produttori davvero esecutivi, e decisamente non persone qualunque. A Fabio abbiamo chiesto com'è andata questa storia davvero inusuale. Anche in tempi di mecenatismo online.

"Prima di mettermi seriamente a lavorare sul disco ho fatto girare le demo qua e là, da questo o da quel produttore", racconta. "Le risposte non sono mai state negative ma mi sono accorto che c'era sempre un rimandare, c'era sempre qualche perplessità. Un atteggiamento che non sopporto del mondo della musica - e non solo naturalmente - è quello per cui bisogna esserci in ogni occasione, bisogna "timbrare il cartellino", essere presenti con la propria bella faccia gonfia di sorrisoni, di complimenti e pacche sulle spalle, andare anche a vedere concerti che non ci piacciono... Non è un accusa in particolare questa ma si tratta di un atteggiamento diffuso. Io me ne sto volentieri a casa se non c'è un motivo preciso, anche affettivo, e semmai se devo dare giudizi o scegliere mi baso su quello che vedo e che sento e basta e non se si è di questo o quel giro".

E continua: "Questo per dire che, nonostante magari le mie canzoni fossero piaciute, difettavo probabilmente nelle "presenze", come a scuola, e dunque la priorità era sempre di chi invece aveva aveva fatto meno assenze... Così ho deciso in un primo momento di fare da solo, avrei comunque fatto il disco e lo avrei messo su iTunes. Ho raccontato però questa storia a Silvia Veraldi, così come l'avrei raccontata a un amico. Lei mi diceva che insieme ad altre persone aveva desiderio produrre artisti indipendenti e avrebbero voluto il mio aiuto da un punto di vista di produzione artistica. E così abbiamo pensato che forse il primo a beneficiare di questo magnifico e raro sentimento di mecenatismo, vista la situazione, sarei potuto essere proprio io. E così è iniziato un lavoro di squadra "adulto", pieno di rispetto e di fiducia. Loro, Silvia Veraldi, Pier Luigi Prandini e Maria B., si sono fidati ciecamente di me sulla base dell'album precedente e sul mio atteggiamento sia pubblico che privato. Ho coinvolto l'ufficio stampa (MA9) e Sounday Music, con i quali avevo già lavorato, per tutti i servizi e mi sono reso conto che si era creato un bell'entusiasmo generale che è, in questi casi, insostituibile a qualunque logo o promessa discografica. Il punto centrale è sempre stato il disco, non abbiamo mai parlato di guadagni, di rischi eccetera. Tutti dovrebbero pensare a questo, all'entusiasmo prima di tutto. Produrre cose brutte fa male, prima o poi farà molto male..."

Questa "intrusione" nel lavoro in studio di Cinti però non è stata davvero tale, perché come spiega bene il diretto interessato, "Tutti i produttori esecutivi dovrebbero essere come i miei mecenati. Ovvero: quando si finanzia un artista è perché si vuole la massima espressione di quell'artista e perché di quell'artista ci si fida, anche da un punto di vista strettamente professionale. Negli ultimi anni, e sempre di più, i produttori esecutivi sono una specie di piaga dell'arte, il loro finanziare con i soldi li autorizza a mettere becco su questioni di cui spesso sono assolutamente ignoranti, a volte con arroganza e imposizione... E i risultati poi sono evidenti. Le persone che mi hanno finanziato fanno altri mestieri, sono bravi nel loro lavoro che svolgono, mi pare, con passione. Sono ottimi ascoltatori e hanno la loro cultura musicale ma hanno avuto la sensibilità di capire che il mio lavoro non poteva avere interferenze, consigli magari dati per sentito dire, o solo per fare la parte del "produttore"."

Il minuto secondo dimostra di essere un album decisamente non commerciale nella scelta di cover inserite nella metà Memorabilia, nel quale spicca il Lamento di Didone (When I Am Laid in Earth) di Henry Purcell (prima rappresentazione nel 1688!), che risulterà familiare anche ai fan di Jeff Buckley: lo sfortunato rocker l'aveva eseguita dal vivo durante il Meltdown Festival curato da Elvis Costello nel 1995. Come spiega Fabio "I brani di Memorabilia non sono stati scelti a tavolino, né erano canzoni che usavo fare dal vivo. Fanno parte invece di un ascolto meravigliato che è andato avanti nel tempo, tra i ricordi, appunto, e il legame con alcuni argomenti che tornano familiari. Quello che accomuna queste canzoni è nella mia storia (oltre forse a una certa similitudine "vittoriana"), sono i miei memorabilia e corrispondono, nella cronologia del mio tempo, ai sentimenti di cui parlo in Vigilia".

E chiudiamo tornando a parlare di mecenatismo: nei giorni scorsi Amanda Palmer ha "rotto" Kickstarter superando in poche ore la cifra cercata per produrre il proprio nuovo album (a oggi ha raccolto quasi 700mila dollari). Cosa vuol dire? Che siti del genere funzionano bene solo per chi ha già tanta visibilità (e in teoria non ne avrebbe bisogno)? "Il caso della Palmer", riflette il musicista, "mi pare un caso fortunato e ci sono motivi di "fanatismo" evidente (c'è gente che ha pagato per vederla nuda...) che sono molto lontani dal mio caso. Trovo che sia un buon modo di fare i dischi (i fan sono quelli che ci fanno vivere!) anche se mi viene il dubbio sull'onestà di chi sta dall'altra parte... Con una cifra come quella, cosa si mette in moto? Se tutti quei soldi devono far rinascere alle spalle dell'artista un'azienda simile alla casa discografica, con tutti i suoi vizi di forma e le imposizioni del mercato, allora siamo daccapo e anzi, mi pare un brutto gioco... Bisogna essere onesti: quanto al mio disco ho messo i miei mecenati di fronte alle spese essenziali del progetto, evidenti e condivise da tutti. Non mi si venga a dire che ci vogliono 500mila euro per fare un album... se mi dessero tutti quei soldi farei ben altro, forse qualcosa di più necessario per tutti e, nel frattempo, anche il terzo disco..."

fonte: Rolling Stone magazine
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