A volte siamo a disagio. In certe situazioni, quasi sempre, tentiamo di nasconderlo, anzitutto a noi stessi. In altre diventiamo incandescenti, in un modo o nell'altro, silenziosamente o rumorosi come il baccano che producono stoviglie che si rompono. E così si perde il filo, l'ordine, la consequenzialità, l'elenco, non sappiamo più cosa viene prima, cosa viene dopo, non ci ricordiamo cosa avevamo fatto e cosa dovevamo fare, cosa avremmo fatto se niente fosse cambiato e cosa non avremmo fatto se fossimo stati distratti da altro.
E' così, se vi pare, non si scappa.
E il disagio può essere un raptus, può durare quanto la fiamma di un fiammifero, oppure può essere un'infinita pianura dell'anima che percorrendola più veloci che possiamo sembra non finire mai.
La soluzione, la mia soluzione, è il capovolgimento. Fermati, osserva, goditi la pianura, la fiamma del fiammifero, osservati da fuori, fai questo sforzo, ci vuole poco, meno di quello che pensi. Fermati, parla, rifletti, che cosa ti stanno togliendo? cosa avresti voluto? perché non ce l'hai? ti hanno fatto un torto? sei sicuro? e tutta quella gente di cui conosci a malapena il nome cosa ti dà? e tu cosa gli dài? e alle persone vicine? Fai una somma, un giro rapido, fai un salto indietro, uno in avanti, salta fin sopra le nuvole che rabbuiano l'aria e guarda il sereno silenzio. Fermati, osserva, prova a dire qualcosa di diverso, che non avresti detto. Prova a essere diverso, totalmente, provati altri vestiti, tagliati i capelli, mangia qualcosa che non avresti mai mangiato, rifiuta ciò che più ti piace.
Non essere contro di te, sei l'unica cosa che hai veramente, e come tu hai quell'affetto degli altri che ti fa battere il cuore, gli altri hanno il tuo e tu sei la custodia di te stesso, non rovinarti. E sei la custodia dei tuoi affetti, degli amanti, degli amati, della mamma, del papà, del figlio.
Il disagio è questo, sentirsi incustoditi.
Però hai la possibilità, anche completamente distrutto, di essere te stesso sempre, non sprecarla. Muoviti più che puoi o meno che puoi, ambisci all'estremo o al medio con decisione e poi abbandona tutto per decidere una nuova cosa.
Ma ambisci al bello, al sano, all'unicità. Ambisci, volendo, al niente... ma fallo con forza.
Quando avevo quindici anni, mia nonna (che ai tempi ne aveva novanta) mi chiese di spiegarle come funzionava il televisore. Lo feci, con calma e per quanto potei. Solo alla fine, da un leggerissimo sorriso, ho capito che voleva solo farmi sentire importante, cosapevole, e voleva parlare, tenermi là, con lei, creando un pretesto. Non poteva capire i discorsi sulle onde e le frequenze. Ma quel gesto, su di sé e su di me, tolse qualunque disagio, qualunque paura. A me una responsabilità, a lei un'altra.
Questo, ogni tanto, mi dico.
FC